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Terapie
- 02 gennaio 2020

Perché le mie cure non funzionano?

Ci interfacciamo molto spesso con persone che giungono al nostro Istituto dopo aver ricercato svariate cure che non hanno avuto alcun effetto benefico. Esistono svariati motivi per cui accade questo, alla cui base risiede l'unicità di ogni individuo e della sua sofferenza.

Il Prof. Stefano Pallanti adotta un metodo di diagnosi di precisione che consente di far fronte alle specifiche necessità terapeutiche di ogni persona tramite percorsi di cura completamente personalizzati.

Più del 95% dei pazienti del Prof. Stefano Pallanti vengono dopo aver girato tutta Italia o il loro paese, e molte volte anche altri paesi nel mondo alla ricerca di cure che funzionassero per loro. Molti affermano di sentirsi peggio dopo aver visitato più neurologi e psichiatri.

Le ragioni per le quali non si risponde alle cure possono essere molteplici:

  • Hai ricevuto una diagnosi errata o parziale, questo succede in una larga percentuale dei casi;

  • La diagnosi può essere corretta, ma il tuo organismo non risponde alle terapie per particolarità del metabolismo del farmaco che non sono state considerate in modo personalizzato;

  • Le cure condotte hanno fatto sì che si sviluppasse una resistenza alle cure;

  • Esistono disturbi per i quali non ci sono ancora le linee guida, in questo caso può essere necessario intraprendere cure off-label. Per prescrivere tali cure è necessario che il medico vada oltre le Linee Guida e faccia riferimento alle più recenti ricerche scientifiche;

  • Disturbi psichiatrici e neurologici coesistenti sono stati trattati separatamente e i trattamenti hanno interferito tra loro (ad es. Tic e disturbi cognitivi, Bechet e disturbi psichiatrici);

  • Esistono ancora malattie sconosciute.

Avere la diagnosi è il primo passo per formulare una cura personalizzata. Non esistono farmaci o cure che vadano bene a tutti!

Quello che succede comunemente

Diagnosi sbagliata o incompleta

La quasi totalità dei pazienti che si rivolgono all’Istituto di Neuroscienze del Prof. Stefano Pallanti arrivano con una diagnosi sbagliata o incompleta.

L’ADHD, per esempio, è un’importante comorbidità di alcuni disturbi psichiatrici, ma comunemente viene ignorato. Se l'ADHD non viene trattato in presenza di quadri di Depressione, Ansia, Disturbo Ossessivo-Compulsivo o Parkinson, difficilmente si potranno ottenere miglioramenti significativi.

Errata scelta dei medicinali

Spesso incontriamo nuovi pazienti che assumono antidepressivi (senza successo) semplicemente perché si sentivano depressi e il medico ha quindi prescritto antidepressivi.

Lo stesso sintomo, così come riferito dal paziente, può essere espressione di meccanismi diversi all’origine, cioè di malattie diverse. Per esempio, sotto l’ombrello della depressione ci sono almeno 5 sottospecie dove ognuna di loro dipende da una causa diversa, ovvero lo specifico circuito cerebrale malfunzionante.

Quindi è fondamentale trattare il paziente con farmaci o con strategie diverse.

Non esiste una corrispondenza uno a uno tra il sintomo e la causa. Quindi, non esiste corrispondenza uno a uno tra il sintomo ed un farmaco. Non c’è ancora una cultura diffusa su questi aspetti.

Troppo spesso, purtroppo, vengono prescritte medicine con dei criteri standardizzati dalle linee guide senza però indagare quale sia il circuito cerebrale coinvolto.

Dose sbagliata

Il medico prescrive ad un paziente un antidepressivo serotoninergico a dose minima perché non sa come usarlo. Questo approccio non funziona e dopo due mesi il paziente torna dal medico, il quale dà un altro serotoninergico, sempre a dose minima. Anche in questo caso non funziona e la terza volta che il paziente ritorna, riceverà un altro serotoninergico sempre a dose minima. Il paziente cambia medico, il quale continua a prescrivere un serotoninergico a dose minima e il qudaro clinico non varia.

Non arriva mai alla dose minima terapeutica di nessuna medicina utilizzata quindi non combina nulla. Tra l’altro non si dovrebbe saltare da una medicina all’altra così semplicemente perché è importante tenere conto del fatto che esistono interazioni e soprattutto intersezioni nei meccanismi di azione che non possono essere non considerate.

Il paziente continua ad andare avanti con la stessa terapia che non funziona, e intanto diventa resistente quindi diviene per lui più difficile rispondere alle cure: più a lungo il paziente sta male, più difficile è curarlo. Questo è quello che succede comunemente, in Italia e all’estero.

Il medico non prescrive i nuovi farmaci più efficaci

Ormai tramite Internet i pazienti possono informarsi sui nuovi farmaci, ma il medico non li prescrive perché non ne è a conoscenza né, tantomeno, sa come usarli. Spesso chi non conosce i nuovi farmaci li squalifica. Se li prescrive, invece, lo fa a dose minima rendendone vano il funzionamento.

Cure personalizzate per avere maggior successo

Le cure che funzionano sono quelle personalizzate: per ciascuna persona una cura pensata soltanto per lei.

Si comincia sempre dalla diagnosi; può essere sotto-tipizzata o specificata e se nel decorso emergono nuovi aspetti, allargata ad includere altre condizioni che debbano essere curate.

Poi c’è la storia di ogni singola persona: la storia della famiglia, la storia degli eventi esterni e biologici che hanno esercitato un impatto sulla traiettoria del disturbo, e soprattutto la persona.

Ognuno ha caratteristiche fisiche, mediche, immunologiche, relazionali, di familiarità, genetiche che lo distinguono da chiunque altro. Ci sono altri fattori da tenere in conto: l’età, il genere, lo stato familiare, la predisposizione per particolari cure. Poi lo stile relazionale e di comunicazione, le aspettative individuali: per questo il medico deve considerare e chiarire l’obiettivo terapeutico, che deve essere condiviso con il paziente.

Le cure funzionano solo quando tutti questi fattori vengono considerati e condivisi tra il medico e il paziente. Questo approccio olistico è alla base della personalizzazione della cura.

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