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Percorsi di cura

Declino Cognitivo e Demenza

I casi di demenza sono in rapido aumento in tutto il mondo: si stima che ogni anno i nuovi casi di demenza siano circa 10 milioni.

Per frenare questa tendenza, presso l'Istituto di Neuroscienze offriamo una moltitudine di programmi terapeutici in grado non soltanto di frenare il declino, ma anche di "riportare indietro" il tempo e aumentare le prestazioni cognitive.

Viviamo in un mondo che costantemente ci chiede di imparare nuove cose, nuove procedure e di ricordarle. Questo sistema ci mette continuamente alla prova.

Quando parliamo della demenza o demenza senile, ci riferiamo alla diagnosi di disturbo cognitivo lieve o moderato (DSM 5.0 Mild Neurocognitive disorder, APA 2013), caratterizzata dal calo anche di soltanto di una delle seguenti funzioni cognitive:

  • Attenzione;

  • Apprendimento;

  • Memoria;

  • Linguaggio;

  • Percezione Motoria;

  • Intelligenza Sociale.

Tale disturbo può non interferire con le usuali attività sociali e occupazionali del paziente.

➜ È il soggetto stesso che si rende conto che le sue prestazioni sono peggiorate.

Gli scienziati dibattono se, in questa fase, si possa già parlare di disturbo o malattia, ma quello che è certo è che prima si interviene, migliore sarà l’evoluzione: quindi meglio prevenire il peggio che attendere rassegnati!

I primi sintomi possono sembrare non significativi: lievi dimenticanze, difficoltà nel trovare le parole, dimenticanze per oggetti o strumenti usati quotidianamenti per lungo tempo, necessità di scriversi ogni cosa. Per fortuna non sempre questi segni evolvono in Alzheimer ma è vero che chi ha questi sintomi corre maggiori rischi.

Le prime avvisaglie di un cambiamento si mostrano piano piano senza particolari eventi, dopo la menopausa, oppure dopo una malattia, un intervento chirurgico, o una cura medica.

L’insorgere della demenza vera e propria non di rado è il correlato di un’altra patologia: diabete, ipertensione, essere sovrappesi, eccesso di grassi nel sangue, o anche stitichezza cronica, sono alcuni tra gli esempi più frequenti.

Spesso questa percezione è accompagnata da ansia o aumentata irritabilità: fattori che accrescono il problema.

La prima cosa da fare, in questi frangenti, è compiere una valutazione che definisca se c’è qualcosa di anormale e quanto sia grave. Spesso invece questa valutazione si evita, per paura di una sentenza che spaventa o perché qualcuno ci convince che “è l’età, non ci si può fare niente”: non è vero!

Ci sono molte cose che si possono fare, non soltanto frenare il declino

Si può infatti "riportare indietro” il tuo tempo.

Cosa è possibile fare? ↓

Definire

la diagnosi

Valutare

le variazioni

Monitorare

nel tempo la situazione

La Diagnosi

➜ Definire quali aree del funzionamento sono coinvolte ed in quale modo, dare un nome alla demenza, demenza senile (disturbi cognitivi) o definire se si tratti di altro disturbo.

Il cervello è una struttura che genera nuovi neuroni durante tutta la vita, ma può aver bisogno di aiuto: oggi si può stimolare la plasticità del cervello grazie all’energia di tipo magnetico, elettrico o derivata dalla luce.

Terapie

L'intervento viene deciso in base alle valutazioni individuali:

  • Terapia Farmacologica

  • Terapia di Neuromodulazione

  • Neutraceutica

  • Trattamento di comunicazione verbale e aumentativa

  • Intervento Cognitivo

  • Servizi di supporto familiare

A tali cure devono seguire visite di rivalutazione e richiami.

Potenziamento Cognitivo: programma per aumentare le prestazioni cognitive

Lo stesso programma può essere indicato per:

  • La necessità di imparare una nuova lingua o una procedura

  • La volontà di ottimizzare l’apprendimento di una nuova abilità

  • La ripresa dello studio dopo un periodo di inattività intellettuale

  • Quando siano richieste prestazioni straordinarie

  • Dopo una malattia infettiva o di lunga durata, una cura antibiotica protratta o chemioterapica

Siamo all’inizio di una nuova era, quella della transizione dalla chimica dei farmaci alla stimolazione elettrica come prevede Josef Parvizi, direttore del programma di Elettro-fisiologia Cognitiva a Stanford: «Il linguaggio del cervello è una combinazione di chimica ed elettricità. Finora nel provare a curare le malattie del cervello si è preferito l’approccio chimico, attraverso i farmaci. Ma il costo per il resto del corpo è stato alto. Prendiamo l’epilessia. Se assumiamo un chilo di pillole, 900 grammi finiscono in fegato, pancreas, ossa e solo 100 grammi raggiungono l’organo bersaglio, cioè il cervello. Ma 99 grammi andranno ad agire su aree cognitive che con l’epilessia non hanno nulla a che fare, dando vista offuscata, senso di svenimento, spossatezza. Un grammo solo colpirà i neuroni responsabili della malattia. Questo è un approccio brutale, che va superato. Con farmaci più mirati. Ma anche, se necessario, con le Terapie di Neuromodulazione».

Energia magnetica, elettrica o semplicemente specifici fotoni per promuovere la neuroplasticità: una nuova realtà.