Vai al contenuto principaleVai al footer
logo Istituto di Neuroscienze
Terapie
- 15 maggio 2021

Perché rifiutare i farmaci? È il disturbo che condiziona la tua vita!

Quante volte vediamo rifiutare i farmaci da pazienti che credono a prescindere che facciano male o che sia possibile con estrema facilità diventarne dipendenti. Si tratta di un’idea diffusa, basata su informazioni senza valore scientifico o incitata da pregiudizi infondati.

Quante volte vediamo rifiutare i farmaci* da pazienti che credono a prescindere che facciano male o che sia possibile con estrema facilità diventarne dipendenti. Si tratta di un’idea diffusa, basata su informazioni senza valore scientifico o incitata da pregiudizi infondati.

È il disturbo che condiziona la vita

È piuttosto il disturbo quello che condiziona la vita dell’individuo che ne è affetto, perché non gli consente di vivere a pieno la propria vita né di fare le scelte giuste o di avere la necessaria stabilità nelle situazioni in cui occorrerebbe.

Non si dipende da un farmaco, ma è vero che è il disturbo che condiziona tutta l’esistenza non consentendo di fare le proprie scelte con chiarezza.

È necessario effettuare una scelta tra l’essere dipendente dalle condizioni invalidanti del disturbo e soffrirne o invece condurre una vita autonoma, dove si possano decidere i propri progetti senza il condizionamento della malattia e grazie al mantenimento delle cure.

L’interessante origine dei farmaci

Andromaco Il Vecchio, medico greco antico e padre della panacea Teriaca d’Andromaco, ha aggiunto alla sua Teriaca la vipera. Il concetto era simila similibus, cioè il veleno è anche curativo.

Anche Paracelso – medico, alchimista e astrologo del Cinquecento – dice: «Tutto è veleno. Nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto».

È una visione estremista che però coglie l’essenza. Se l’origine della parola “farmaco” (pharmakon in greco) è antinomica, significa cioè sia rimedio che veleno, capiamo che è la modalità di utilizzo che fa di un farmaco un medicamento o una sostanza tossica.

La stessa sostanza può essere un medicamento in una dose ma può essere tossica in un’altra.

Per questo motivo una lista dei farmaci dannosi non ha valore, perché non esistono i farmaci dannosi di per sé mentre esistono metodi assunzione dannosi. Pensare il contrario è nocivo perché crea una falsa credenza.

Uno dei motivi per cui si è creato l’allarmismo sull’uso dei farmaci è stato l’uso incontrollato di alcune sostanze: per esempio gli antibiotici. Si è purtroppo spesso abusato del consumo incontrollato di antibiotici che ha reso i batteri resistenti. Gli antibiotici, inoltre, distruggono anche la flora batterica intestinale mettendo a repentaglio la salute del sistema immunitario.

Questo non vuol dire che gli antibiotici sono dannosi ma che devono essere usati con l’indicazione precisa, la dose minima terapeutica e in un arco di tempo giusto per combattere con i batteri nocivi senza aggredire più di tanto la nostra benefica flora batterica intestinale.

Facciamo un esempio: l’Esketamina, farmaco approvato nel 2021 dall’Agenzia Italiana del Farmaco e dalla statunitense Food and Drug Administration, è considerata come salvavita per i pazienti con depressione resistente alle cure. Malgrado le molte evidenze scientifiche e il lungo percorso che ha portato all’approvazione di questo farmaco, non mancano le critiche senza fondamento di chi ne stigmatizza l’uso, paragonandone addirittura la vendita ad un furto!

Naturalmente si deve fare uno screening accurato dei pazienti candidati per il trattamento, e la somministrazione deve essere fatta in una struttura sanitaria con dovuto monitoraggio: l’importante è avere il controllo sulla situazione.

L’allarmismo non aiuta ad aumentare la possibilità di migliorare la nostra salute.

Esempio di ricerca pionieristica sulle sostanze psichedeliche e psicoattive

Sin dall’antichità diversi popoli hanno usato funghi allucinogeni, cannabis, oppure ayahuasca per avere effetti di allucinazioni e percezioni alterate a scopo religioso e di riti sacri.

In aggiunta a piante e funghi, vietata dalle leggi o no, oggi esistono sostanze sintetiche o semi sintetiche come LSD e l’ecstasy che vengono assunti per ottenere effetti psicoattivi.

Di solito queste sostanze psichedeliche non sono raccomandabili perché interferiscono sulle funzioni delle cellule del sistema nervoso e quindi alterano equilibri biologici. Molte di queste sostanze comportano dipendenze.

Quando ancora il meccanismo di azione delle sostanze psichedeliche non era noto, alcuni clinici americani le provavano per sperimentare effetti clinici, purtroppo senza controllo scientifico. Queste ricerche furono abbandonate sul finire degli anni ’60 perché in quel modo non si riuscì ad ottenere effetti terapeutici.

Recentemente in Europa e negli USA vengono condotte ricerche controllate sulla sicurezza e validità di sostanze psichedeliche per la cura dei disturbi psichiatrici come la depressione, e sopratutto il disturbo da stress post-traumatico (PTSD).

Il Dott. Robin Carhart-Harris, direttore del Centre for Psychedelic Research dell’Imperial College di Londra dice: «Quando somministrata in modo sicuro e professionale, la terapia psichedelica è molto promettente per il trattamento di alcune condizioni di salute mentale molto gravi».

Questa è ancora una delle dimostrazioni che conferma come sia la modalità di somministrazione a fare di una sostanza un medicamento o un veleno.

Abbiamo bisogno di educazione, non di allarmismo

Quello di cui abbiamo bisogno è un empowerment. L’educazione, appunto: anche i farmaci che si trovano al supermercato non devono essere abusati ma usati dietro consiglio del medico che sa spiegare la modalità di utilizzo.

È un compito assai difficile perché a volte un medico scienziato può usare i farmaci andando oltre il foglio illustrativo – il cosiddetto uso off-label.

Solo il medico aggiornato agli ultimi risultati scientifici basati sull’evidenza è in grado di spiegare il perché si debba usare un determinato farmaco su una persona specifica in quel momento.

Se i farmaci vengono utilizzati in modo giusto, i benefici superano in gran lunga i rischi.

I farmaci devono:

  • essere scelti per un obbiettivo clinico definito, che non punti ad aggredire tutto il disturbo ma una sua specifica dimensione, per esempio impulsività, la fatica, il sonno…

  • raggiungere la dose minima terapeutica

  • essere utilizzati per una giusta durata

  • essere utilizzati in circostanze specifiche

I nuovi farmaci in psichiatria non sono più psicofarmaci per sedare o controllare il paziente ma sono farmaci psicoterapeutici. In effetti i loro effetto è tale da consentire di affrontare tutte quelle situazioni che lo stato della malattia impediva e di permettere al paziente di sperimentarsi nuovamente capace, recuperando la propria autostima e migliorando la qualità di vita.

In presenza di patologia, il rapporto tra rischi e benefici è una misura convenzionale per prendere le decisioni sulla terapia.

Per fare un esempio la Food and Drug Administration degli USA, quando decide di approvare un prodotto o un farmaco, deve decidere se i benefici superano i rischi. La FDA è di solito incline ad approvare un prodotto o farmaco che presenta qualche rischio calcolato se il potenziale beneficio è significativo.

Una scelta di vita

Ogni scelta medica ha un margine di imprevedibilità e le reazioni individuali possono variare anche di molto.

Devono essere presi in considerazione tutti gli aspetti della vita, superare la paura e riprendere il controllo della situazione.

In medicina si deve fare una scelta: l’effetto collaterale dei farmaci potrebbe esserci ma cosa è più importante per te?

  • Avere un effetto collaterale dei farmaci che comunque si può tollerare ma condurre una vita normale

oppure

  • Essere soggiogato dalla malattia e soffrirne le conseguenze.

Facciamo il possibile per diminuire l’effetto collaterale ma non sempre si può avere tutto.

Non sono i farmaci che fanno guarire

Secondo la definizione dell’OMS i farmaci sono qualsiasi sostanza chimica o prodotto utilizzato per modificare o esaminare funzioni fisiologiche o stati patologici a beneficio del paziente. Il beneficio del paziente deve essere interpretato in una determinata circostanza, dimensione e in un determinato momento della sua vita.

Nessun farmaco fa assolutamente bene o male in ogni circostanza.

Quello che fa la differenza non sono i farmaci o le macchine ma è il medico che sa scegliere, calibrare e condividere con il paziente il percorso della cura.

La diagnosi deve essere il punto di partenza, può essere modificata, sottotipizzata o specificata e se nel decorso emergono nuovi aspetti, allargata ad includere altre condizioni che devono essere curate, ma non può mancare.

Poi c’è la storia di ogni singola persona: la storia della famiglia, la storia degli eventi esterni e biologici che hanno esercitato un impatto sulla traiettoria del disturbo, e soprattutto la persona.

Ognuno ha caratteristiche fisiche, mediche, immunologiche, relazionali, di familiarità, genetiche che lo distinguono da chiunque altro.

Ci sono altri fattori da tenere in conto: l’età, il genere, lo stato familiare, la predisposizione per particolari cure. Poi lo stile relazionale e di comunicazione, le aspettative individuali: per questo il medico deve considerare e chiarire l’obiettivo terapeutico, che deve essere condiviso con il paziente.

Le cure funzionano solo quando tutti questi fattori vengono considerati e condivisi dai pazienti: la personalizzazione, appunto.

Perché un nuovo farmaco o una nuova terapia di Neuromodulazione può inizialmente far sentire soggettivamente peggio?

Gli effetti di perturbazione che un farmaco ha sui recettori non attivano immediatamente gli effetti curativi ma possono stressare l’organismo al fine di produrre una reazione migliorativa e un riequilibrio terapeutico.

I primi effetti, pertanto, non di rado sono di accentuazione dei sintomi e anche di un soggettivo peggioramento.

Quindi ad un iniziale effetto non positivo non ci si deve immediatamente rassegnare, ma attendere un tempo ragionevolmente correlato alla durata e gravità del disturbo perché si possano evidenziare gli effetti positivi.

I farmaci

I nuovi farmaci psicoterapeutici sono il miglior strumento per consentire il ritorno alla propria vita normale.

* Il Ministero della Salute suggerisce di preferire il termine “Medicinale” a quello di “Farmaco”. In questo articolo abbiamo usato il termine più communemente usato: “farmaco” o “farmaci”.

Ultime News